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Uma janela sobre as cidades do Brasil_Mareggi

LO STATUTO DELLA CITTÀ: DALL'APPROCCIO TEORICO ALLA PRATICA OPERATIVA

Decio Rigatti, Elio Trusiani

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La rapida crescita delle città brasiliane nell'arco degli ultimi cinquant'anni ha prodotto una crisi urbana, ad oggi ancora evidente
, caratterizzata da:
a) deficit di abitazioni che si traduce in una crescita delle aree informali, oggi presenti nelle città di tutte le dimensioni;
b) disequilibrio tra l'espansione delle aree urbanizzate e la realizzazione delle infrastrutture di base, trasporti e servizi pubblici, con particolare riferimento ai servizi per la salute e l'istruzione e, talvolta, alle reti di base quali fognature e illuminazione;
c) rafforzamento della segregazione socio-spaziale, con una divisione sempre maggiore tra aree ricche e aree povere, e una diffusione di nuove morfologie segregative come i cosiddetti "condominios fechados";
d) difficoltà di regolarizzare le aree informali sia per quanto riguarda la proprietà sia per l'adeguamento agli standard minimi urbani ed edilizi vigenti per la città.



UNA LEGGE FEDERALE PER UN GOVERNO DEL TERRITORIO LOCALE
Per cercare di affrontare queste tematiche, dopo una serie di tentativi legislativi falliti, la riforma costituzionale federale nel 1988 introdusse alcuni principi generali per il controllo dell'uso del suolo e lo sviluppo urbano (Costituzione della Repubblica Federale del Brasile, 1988, articoli 182 e 183), da approfondire nell'ambito di leggi specifiche. È il caso dello Statuto della città (legge federale 10.257/2001), approvato tredici anni dopo la costituzione. Lo Statuto riguarda il consolidamento di alcuni strumenti urbanistici e l'introduzione di nuovi meccanismi, come l'urbanizzazione obbligatoria, il diritto di prelazione, il trasferimento oneroso del diritto di costruire, la definizione di zone speciali di interesse sociale, l'usucapione speciale e, tra gli altri, il consolidamento di alcuni strumenti tradizionali di pianificazione urbana come l'esproprio delle aree urbane.

In Brasile, la competenza urbanistica è demandata esclusivamente ai comuni, in assenza di altri livelli di pianificazione e gestione del territorio. In tal senso, lo Statuto della città:
a) conferisce facoltà ai comuni di scegliere quali strumenti e innovazioni introdotte utilizzare;
b) stabilisce il termine entro il quale i comuni adeguano il Piano direttore alle nuove disposizioni e decreta che il Piano riguardi tutto il territorio comunale e non soltanto le aree urbane.

Viene creato il Ministero delle città che, tra le altre competenze, è responsabile della gestione dell'applicazione dello Statuto della città, sia come struttura di riferimento e orientamento, sia come erogatore di risorse per l'elaborazione dei Piani direttori.
Nel processo di redazione del piano diviene obbligatorio, nelle diverse fasi, il processo partecipativo popolare: questo, malgrado sia stato introdotto come strumento sociale e di controllo rispetto alle decisioni da prendere, si è rivelato di scarso impatto sulle scelte finali da discutere in sede politica, per i seguenti motivi:
a) le difficoltà di comprensione generale dei contenuti, principalmente tecnici, ha fatto sì che la partecipazione popolare sia stata di fatto limitata e diseguale rispetto alle forze sociali rappresentate;
b) i consigli comunali non hanno mai accettato di buon grado il sistema partecipativo, considerato un'interferenza e una riduzione dei propri poteri, tanto che molti documenti approvati non sempre contengono le volontà espresse nel processo partecipativo;
c) gli attori in gioco, primo fra tutti l'industria delle costruzioni, contraria a qualsiasi forma di restrizione edificatoria, esercita pressioni continue sui consigli comunali sia durante l'elaborazione del piano che nella fase di approvazione, orientando in tal senso modifiche e alterazioni del piano stesso. 

  


Anche sul piano tecnico e dei principi, introdotti dalla Costituzione e dallo Statuto della città, vi sono delle incongruenze che la pratica operativa ha messo in evidenza. 

Innanzitutto, il principio costituzionale per cui una proprietà privata risponde alla sua funzione sociale quando sono rispettate le prescrizioni contenute nel Piano direttore, anche quando le prescrizioni di piano siano discriminatorie, diseguali e discutibili [1], risulta comunque compiuta la funzione sociale della proprietà. 
Su un fronte più operativo, la possibilità di ridurre gli standard urbanistici nelle Aree speciali di interesse sociale (AEIS), previste e delimitate nei piani direttori, ha avuto come conseguenza l'avvio ad una riduzione diffusa di questi standard per tutta la città, come per esempio la dimensione minima dei lotti, il numero dei vani rispetto alla superficie delle unità abitative, i materiali da costruzione utilizzati. Ciò ha originato una città, per la maggior parte della popolazione, costruita con un'edilizia di bassa qualità, sottodimensionata e di grande consumo energetico. 
A quindici anni dalla sua applicazione, questi accenni sulle distorsioni avvenute indicano come alcuni principi democratici che sono alla base dello Statuto, quali il diritto alla città e ai suoi benefici, rimangano sostanzialmente non risolti, unitamente al problema del deficit di abitazioni e servizi primari e secondari per la popolazione con redditi bassi. 
A tale proposito si possono identificare alcuni fattori che hanno limitato l'effettiva applicazione dello Statuto della città, impedendo sostanzialmente un significativo cambiamento dello scenario urbano delle città brasiliane: 
a) gli aspetti innovativi sono più nella sua concezione generale e di principio, nonché politica, piuttosto che nei suoi aspetti pratico-operativi; 
b) le differenti forze degli interessi in gioco non hanno dato priorità alla democratizzazione del processo di diritto alla città, con le politiche pubbliche che continuano ad essere definite da un élite in risposta alle esigenze della stessa; le esperienze di maggiore coinvolgimento sociale sono residuali nel processo di pianificazione, una condizione giustificativa e di facciata delle operazioni di cui sopra; 
c) nonostante l'enorme sforzo finanziario volto ai programmi di abitazioni sociali, come Minha Casa Minha Vida [2], non si arriva alla risoluzione dei problemi; questi progetti sono scadenti sia dal punto di vista edilizio che dell'impianto urbano, restituendo agli abitanti una città priva di relazioni fisiche, sociali e qualità della vita; questi programmi non sono stati in grado di ridurre le cosiddette aree di sub-habitaçao
d) il mancato o scarso utilizzo di alcuni dispositivi previsti dello Statuto della città, come ad esempio la possibilità che le compensazioni dei costi di urbanizzazione siano a carico dei costruttori qualora realizzino volumetrie oltre l'indice base concesso [3], portano cosi a socializzarne i costi e a privatizzarne i guadagni.





CONCLUSIONI
Dopo quindici anni dall'introduzione dello Statuto della città, è possibile valutare criticamente le differenze tra l'apparato teorico e l'impatto effettivo nel processo di costruzione di una città migliore, più democratica e meno segregativa. 
Malgrado l'estensione a tutto il territorio comunale del Piano direttore, l'esperienza ne restituisce un'applicazione prioritariamente legata alle aree urbane; le zone rurali, quando compaiono nei piani, vengono trattate in modo differente dalle aree urbane, sia dal punto di vista analitico (nella maggior parte dei casi si tratta di analisi sommarie) che propositivo (le proposte sono generiche, quasi sempre non relazionate alle vocazioni del territorio e con un livello di dettaglio ben inferiore a quello delle aree urbane). 
Lo Statuto della città, da un lato, è stato un'opportunità per un gran numero di comuni in tutto il Brasile per redigere il piano urbano. Dall'altro lato, per ragioni politiche e tecniche, nato come un tentativo per affrontare i problemi urbani, lo Statuto della città ha avuto ed ha un peso pratico molto debole: permangono le segregazioni socio-spaziali con le relative enormi differenze di accesso ai diritti urbani più elementari quali l'abitazione, le infrastrutture e i servizi pubblici. Lo Statuto della città, nonostante possa essere considerato un passo in avanti nel dibattito e nella riflessione urbanistica del paese, non è stato in grado di divenire un reale strumento pratico in grado di controllare e gestire le trasformazioni urbane al fine di un effettivo ruolo sociale della città. 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 
• Brasile, Costituzione della Repubblica Federale del Brasile, 5 ottobre 1988. 
• Brasil, O Estatuto da cidade, legge n. 10257, 10 luglio 2001. 
• Porto Alegre, Plano diretor de desenvolvimento urbano e ambiental, legge complementare n. 667, 3 gennaio 2011. 
• E. Trusiani, Progetto e cultura nella città dei movimenti. 00 55 51 Porto Alegre, Brasile, Gangemi, Roma, 2010. 
• A. Vizzotto, O solo criado em Porto Alegre: a adoção do instrumento jurídico-urbanístico, Propur, Porto Alegre, 2008. 
 

NOTE
[1] In molti casi il risultato di queste prescrizioni si traduce nello sfruttamento massimo del suolo urbano, nell'assenza di compensazioni rispetto ai grandi investimenti immobiliari e nella mancanza di sensibilità alla questioni ambientali.
[2] Programma federale di abitazioni sociali, iniziato nel 2009, che sostituisce in parte i programmi avviati precedentemente, conclusi e non.
[3] Gli indici di fabbricabilità di base sono, di solito, così alti da non rendere necessario l'utilizzo degli strumenti volti al pagamento degli oneri dovuti per quelle costruzioni che superano l'indice di base consentito, ad esempio a Porto Alegre (Vizzotto, 2008).


Decio Rigatti, architetto, professore di urbanistica presso Laureate International Universities di Porto Alegre, dove insegna al master di Architettura e urbanistica e al corso post-laurea di Pianificazione urbana e regionale dell'Università Federale del Rio Grande del Sud.
Elio Trusiani, professore associato di urbanistica presso l'Università di Camerino, docente nei corsi post laurea dell'Università La Sapienza di Roma e della LUISS Business School of Rome. Borsista pluriennale del CNPq, Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico, (2004/2011), visiting professor in numerose università brasiliane.


UNA FINESTRA SULLE CITTÀ DEL BRASILE
Rubrica periodica della rivista Planum. The Journal of Urbanism | www.planum.net
CREDITI
• Marco Mareggi | Responsabile della rubrica 
• Luca Lazzarini | Revisione lingua inglese 
• Talita Amaral Medina | Revisione lingua portoghese 
• Cecilia Saibene | Impaginazione 

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Marco Mareggi: marco.mareggi@polimi.it 
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