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Territory, Authority, Rights: from Medieval to Global Assemblages - Review

by Luca Gaeta

La traduzione di Territory, Authority, Rights testimonia l’attenzione del pubblico italiano per le ricerche di Saskia Sassen sulla globalizzazione. Complesso montaggio di saperi eterogenei, questo suo ultimo lavoro può essere letto come una replica autorevole alle critiche suscitate dal precedente The global city. Allora il discorso di Sassen appariva privo di spessore storico, più descrittivo che esplicativo e, infine, attento in modo quasi esclusivo al ruolo degli attori privati nel dare forma alle città globali. In particolare erano eluse le ragioni della crisi del regime internazionale di regolazione economica, nato a Bretton Woods, al quale succede il regime chiamato globalizzazione.
Non a caso Territory, Authority, Rights inizia con una teoria analitica del cambiamento istituzionale e prosegue con esempi tratti dalla storia medievale, moderna e contemponarea a sostegno di tale teoria. Sassen sostiene che l’origine delle capacità istituzionali di regolazione sociale è radicata in specifiche combinazioni storiche di territorio, autorità e diritti. Le capacità istituzionali così determinate si prestano tuttavia a essere usate per funzioni inedite a scale maggiori. L’uso imprevisto di vecchie capacità per svolgere a più ampio raggio nuove funzioni di regolazione sociale si ripercuote sugli assemblaggi di territorio, autorità e diritti modificandoli. Il libro si conclude infatti esaminando alcune modificazioni geo-economiche prodotte dalla progressiva estensione del regime globale di regolazione.

Nel campo delle scienze sociali questa idea non è affatto nuova. Si direbbe che l’autrice stessa applichi vecchie capacità teoriche per spiegare fenomeni sociali recenti. Marx per esempio considerava la rendita fondiaria una forma economica che il modo capitalistico di produzione ha ereditato dal passato feudale adattandola a svolgere nuove funzioni di appropriazione del lavoro salariato. Marx nutriva una visione evolutiva, che si coglie in questo passo: “La società borghese è la più complessa e sviluppata organizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti e che fanno comprendere la sua struttura permettono quindi di penetrare al tempo stesso nella struttura e nei rapporti di produzione di tutte le forme di società passate, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita, e di cui si trascinano in essa ancora residui parzialmente non superati, mentre ciò che in quelle era appena accennato si è sviluppato in tutto il suo significato” (1). Sassen di certo non crede che la globalizzazione sia il significato dei capitalismi nazionali costruiti tra XIX e XX secolo. La sua analitica del cambiamento istituzionale procede secondo opportunità e discontinuità aperte a sviluppi molteplici. La path dependency dei cambiamenti istituzionali attraversa punti di svolta nei quali l’accumulazione dei fattori di crisi imprime ai processi direzioni non previste. Tuttavia lo schema teorico adottato presenta analogie con quello marxiano, la cui forza esplicativa è ancora attuale.

Senza la pretesa di riassumere un testo denso e articolato vorrei soffermarmi su alcuni nodi concettuali dai quali dipendono, a mio avviso, le principali tesi di Sassen. Per fare ciò considero a coppie i componenti degli assemblaggi, ossia territorio, autorità, diritti. La coppia formata da autorità e territorio sottolinea il ruolo degli stati nazionali, sovrani entro i propri confini. Secondo Sassen la dimensione statuale è tuttora il fondamento della globalizzazione, le cui capacità regolative sono state spesso sviluppate in seno a burocrazie statali altamente specializzate. L’azione dei network governativi che regolano commercio, finanza, difesa e politica estera alimenta una sfera globale che prescinde almeno in parte dalla territorialità statuale.
La coppia formata da territorio e diritti sottolinea una genealogia urbana della cittadinanza, costruita per differenza e per opposizione alla sovranità nazionale. Sassen ritiene che le città siano oggi, come lo furono in epoca medievale, fucine dei nuovi diritti di cittadinanza, praticati prima ancora di essere riconosciuti e protetti dalle istituzioni. Le città globali in particolare ospitano pratiche irregolari di cittadinanza che eludono il nesso classico tra diritti e lealtà territoriale.
La coppia formata da autorità e diritti sottolinea la dialettica tra stato e mercato, tra controllo pubblico e libertà individuale. Neppure al tempo della globalizzazione i mercati si regolano autonomamente. Soltanto i liberali più ascetici non se ne rendono conto. Sebbene cresca la normatività delle istituzioni private, queste restano incardinate in giurisdizioni nazionali. La ritirata dello stato dai settori in cui era cresciuta la sua presenza nel secolo scorso non comporta la mera privatizzazione, né l’influenza dei mercati sulle scelte dei governi nazionali comporta la sopraffazione del potere politico da parte di quello economico. La recente crisi mondiale mostra tanto la responsabilità dei governi nell’autorizzare pratiche finanziarie spericolate quanto il ruolo indispensabile degli stessi nel salvataggio dei mercati.

Delle tre parti da cui il volume è composto la prima è meno convincente. L’assemblaggio di territorio, autorità e diritti nel medioevo è trattato in modo troppo selettivo e al tempo stesso troppo generico. Il successo dei sovrani capetingi nel forgiare uno stato nazionale contro la volontà autonomista dei propri feudatari è un buon esempio di mutamento istituzionale preparato da capacità elaborate in ambito feudale. Per farne più di un buon esempio occorrerebbe però mostrare che il modello francese ricorre nella costruzione di altri nascenti stati europei. D’altra parte la varietà dei regimi economici e giuridici praticati nelle città medievali rende piuttosto problematico parlare in genere delle città francesi, tedesche oppure italiane. Il riferimento a una “territorialità urbana del tardo medioevo” è supportato dallo stralcio dei giudizi di storici illustri senza il corrispettivo bagaglio analitico.
La seconda parte costituisce il cuore del volume, dove l’autrice dispiega l’abituale padronanza delle fonti statistiche e mostra la capacità di selezionare gli sviluppi tecnologici, manageriali e istituzionali che più concorrono, dall’inizio degli anni ottanta, al parziale disassemblaggio del nazionale diventando costitutivi del globale. La terza e ultima parte indaga la ricomposizione in atto di territorio, autorità e diritti sotto la spinta delle reti digitali, della conseguente mobilità dei capitali e degli effetti di compressione spaziale e temporale. Ne risultano riflessioni di contenuto e di metodo su una geografia della globalizzazione che presenta salti di scala, rotture di continuità, assemblaggi parziali e reticolari, temporalità giustapposte.

FOOTNOTES
(1)
K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica.Vol. I, Firenze: La Nuova Italia, 1968 (1857-58), p. 32.