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Visualizing Density - Review

by Paola Pellegrini

Visualizing density è una sorta di manuale con l’obiettivo di mostrare i possibili insediamenti residenziali che si ottengono declinando la densità insediativa. Il volume, che si compone di testi semplici e sintetici e di molte fotografie aeree accompagnate da qualche disegno, si articola in 3 parti: un saggio iniziale che presenta il tema e gli obiettivi del libro, una parte centrale che accenna ad alcune questioni di pianificazione e progettazione legate al tema - ad esempio la distanza delle abitazioni dalla fermata del trasporto pubblico; la dimensione delle case unifamiliari; le recinzioni dei lotti piccoli -, un catalogo (1) di 255 aree residenziali degli Stati Uniti a diversa densità (da meno di una unità abitativa per acro a più di 200 unità per acro) rappresentate attraverso 3 foto aeree, una foto zenitale e una planimetria schematica della rete stradale e dello spazio aperto pubblico e/o di uso collettivo.
L’origine del libro è importante per capire gli obiettivi, lo stile del testo e l’uso della fotografia. Il libro, infatti, nasce da un progetto di ricerca finanziato nel 2002 dal Lincoln Institute of Land Policy, una fondazione privata nata nel 1947, per volontà di un industriale che si ispirava alle idee di Henry George, con la missione di far progredire il dibattito pubblico sulle politiche territoriali.
La collaborazione degli autori MacLean e Campoli con il Lincoln aveva l’obiettivo di investigare la densità e comunicarne a professionisti, amministratori pubblici e real estate developers l’importanza delle scelte nella costruzione del territorio abitato degli Stati Uniti (2). Il libro assume per questo un carattere operante, didascalico e dimostrativo; i titoli di alcuni paragrafi lo rendono evidente, ad esempio “why we hate density”, “how we can love density”.

Il libro mette in evidenza come la questione sia urgente e di grande rilievo. Nell’introduzione (3) si afferma che entro il 2030 negli Stati Uniti dovranno essere costruiti 60 milioni di nuove unità abitative per l’incremento previsto della popolazione e per il naturale rinnovo del patrimonio immobiliare esistente e che sarà opportuno costruire queste nuove unità con una densità maggiore di quella secondo la quale sono stati costruiti i suburbs negli ultimi 50 anni (il testo riporta come esempio che il 40% delle case costruite dal 1985 al 2001 sono unifamiliari e con lotti di superficie superiore ad 1 acro).
La prima tesi del libro è che bisogna “growing closer, growing in and up”, cioè costruire quartieri più densi e compatti. Gli autori dichiarano che non intendono indicare la densità preferibile, ma offrire al lettore la possibilità di vedere (da qui il titolo del libro “visualizing”) e quindi capire e scegliere (4). Le ragioni che il libro elenca per non operare come in passato sono quelle consuete: il suolo è una risorsa limitata, è opportuno risparmiare i soldi per l’urbanizzazione dispersa, diminuire il consumo energetico e l’inquinamento, preservare il terreno agricolo.
Nonostante queste ragioni, però, gli autori sostengono che la resistenza alla densità sia molto diffusa per un pregiudizio culturale e per il fatto che l’esperienza della densità manca agli americani, poiché i villaggi degli Stati Uniti sono stati densi solo per 150 anni prima di dissolversi nei suburbs. Di fronte a questa resistenza maggioritaria vengono citati alcuni segnali di speranza di cambiamento, cioè la densificazione delle aree metropolitane di Los Angeles e Phoenix, l’aumento delle costruzioni multifamiliari e di mid-rise building vicino alle stazioni del trasporto pubblico, l’esperienza di contenimento dell’espansione in Oregon.
Appena accennata nel saggio è la nostalgia del tempo che fu, precedente alla II guerra mondiale, quando, secondo gli autori, le città si espandevano attraverso incrementi densi e circoscritti, gli imprenditori ristrutturavano gli immobili esistenti e costruivano sui lotti rimasti liberi in aree dall’accessibilità garantita dal trasporto pubblico.

Proponendo il tema della densità il libro si inserisce nel dibattito sulla trasformazione del territorio abitato degli Stati Uniti che recentemente raccoglie molte voci. Il contributo del libro a questo dibattito si può ascrivere alle proposte del movimento Smart Growth (5), che è un insieme di politiche per la gestione della crescita delle aree abitate e un modello di insediamento a cui tendere alternativo allo sprawl che sta guadagnando numerosi sostenitori.

La seconda tesi del libro è che la scoperta visiva del problema sprawl sia necessaria per modificare la percezione della densità e produrre consapevolezza; il miglior mezzo per permettere questa scoperta sono le foto dall’aereo a bassa quota e ad angolo obliquo, che mostrano il fenomeno in tutta la sua evidenza.
Lo sforzo di documentazione dei diversi quartieri residenziali esistenti è notevole: il catalogo contiene 1020 fotografie. Spesso le immagini di MacLean, però, sono contraddittorie: da un lato mostrano l’impegno a condannare il fenomeno, dall’altro mettono in scena il dramma, si compiacciono di mostrare l’immensa scala, la geometria della composizione, la magnificenza del paesaggio, la potenza della ripetizione; la luce è spesso radente per amplificare le ombre, i colori sono saturi. Questo carattere che cerca di “render bello qualcosa di orribile” – nelle parole di MacLean (6) - non compare in modo evidente in questo libro come nei precedenti ai quali egli ha partecipato (7), probabilmente per un motivo pratico - non era possibile cercare le stesse condizioni per i numerosissimi casi considerati - e per un motivo strategico: il libro cerca di comunicare senza drammatizzare. In questo caso, infatti, il fotografo ha dovuto costruire una tassonomia ed illustrare i casi secondo angolature fisse, che permettessero la comparazione, senza lasciare spazio alle composizioni stupefacenti ed esemplari.

Altri libri hanno affrontato recentemente operazioni simili a quella condotta da Visualizing density, cioè l’illustrazione attraverso la fotografia aerea di come sprawl ha costruito il territorio abitato degli Stati Uniti (8).
Dolores Hayden da tempo sostiene l’utilizzo delle foto aeree per raccontare la produzione dello spazio al grande pubblico e il suo libro, A Field Guide to Sprawl (9) è costruito in modo simile a Visualizing: definisce, infatti, in modo sintetico unvocabolario di sprawl presentando 51 situazioni diverse, ciascuna attraverso una fotografia aerea e una didascalia lunga. Contrariamente a Visualizing, però, fa una operazione di selezione e valutazione, presentando esclusivamente esempi giudicati di “bad building”.
Anche Alan Berger ha condotto recentemente un progetto di ricerca sulla costruzione del territorio disperso nord americano (10) utilizzando le riprese aeree, ma ha assunto una posizione diversa da Campoli, MacLean e Hayden: nelle sue fotografie non ci sono né accenti tesi a stupire né a mostrare esempi virtuosi; le fotografie non sono didascaliche per rendere evidente al pubblico i fenomeni in atto, ma servono a costruire l’esplorazione dei casi insieme a mappe GIS, schemi, grafici per restituire la complessità dei fenomeni e definirne una possibile ri-progettazione dell’ecosistema.

Visualizing density, invece, è un libro che cerca di comunicare qualche concetto di progettazione senza sovraccaricare il lettore con interpretazioni impegnative, giudizi rigorosi, proposte radicali; le ragioni alla base del ragionamento sono date per scontate e per questo non argomentate; il libro mostra, non spiega le virtù della prossimità. Nell’intento educativo Visualizing è un testo molto americano e molto attuale: come spiega Dal Co (11) l’urbanistica americana, infatti, ha sempre avuto per necessità una componente educativa per costruire il sostegno al proprio fare ed inoltre la necessità di presentare le questioni spaziali al grande pubblico. Attraverso la visualizzazione delle foto aeree trova un parallelo nello sforzo degli ultimi 20 circa di costruire grandi immagini rilevanti, condivise e comunicate con successo, le Vision, per tentare la pianificazione delle aree metropolitane e la trasformazione del suburbio.


FOOTNOTES
(1)
Il catalogo è costruito in funzione della densità, cioè del numero di unità abitative rispetto allo spazio occupato dal quartiere considerato. Nel libro i casi sono illustrati con immagini piuttosto piccole, meglio consultabili nel cd allegato al libro.
(2) Il progetto di ricerca ha preso anche la forma di un ciclo di corsi dal titolo “Visualizing density”; nel sito del Lincoln Institute è possibile seguire il ragionamento dell’istituto sulla densità (che viene riassunto in “Sprawl is bad. Density is good.”) e consultare il catalogo costruito da MacLean. http://www.lincolninst.edu/subcenters/vd/
(3) Scritta dal direttore del Department of Planning and Urban Form del Lincoln Institute, Armando Carbonell.
(4) Il libro afferma l’importanza dell’incremento della densità, non la quantità assoluta di riferimento, anche se accenna al fatto che la densità dovrà essere maggiore di 3 – 5 unità per acro, possibilmente 6 unità per acro che è la densità individuata soglia a partire dalla quale è efficiente un sistema di trasporto pubblico.
(5) Nel libro c’è un solo accenno esplicito a Smart Growth, ma è citato ad esempio il Transit Oriented Development. Il Lincoln Institute sostiene da tempo le politiche smart.
La letteratura su Smart Growth è molto ampia e continua ad arricchirsi di nuovi contributi, si veda ad esempio: Cities in the 21st century, smart growth, economy, community, environment, Urban Land Institute, Washington DC 2000, che contiene, fra gli altri, contributi di Robert Fishman, David Rusk, Alex Krieger, Peter Katz; Anthony Downs, What does smart growth really means?, Planning n.4 2001; Getting to smart growth, 100 policies for implementation, Smart Growth Network, International City / County Management Association, United States Environmental Protection Agency, Washington DC 2000; Stuart Meck, Growing smart legislative guidebook, model statutes for planning and the management of change, APA 2002; Jane S. Shaw, Ronald D. Utt editors, Guide to Smart Growth, Heritage Foundation 2000.
(6) William Sawalich, High Art, aerial photographer Alex MacLean’s keen eye for geometry examines America at play, in PC Photo march/april 2007 pag.52.
(7) Ad esempio nel suo dossier fotografico “America” contenuto in Mutations, ACTAR 2001 o in OVER: The American Landscape at the Tipping Point, Harry N. Abrams, Inc. 2008 o in The Playbook, Thames and Hudson Press, 2006. MacLean è fotografo di mestiere e conduce l’attività commerciale Landslides Aerial Photography a Cambridge, MA, ma da 25 anni, senza commissione, fotografa il territorio americano dal finestrino del suo Cessna a 1000 m, volando da solo. I suoi progetti sono eterogenei, oscillando sempre fra popolare e accademico. Le sue foto sono molto diffuse e si può dire che MacLean sia diventato il fotografo dello sprawl, ad esempio le sue foto accompagnano un classico della letteratura sull’argomento: Oliver Gillham, The limitless city: a primer on the urban sprawl debite, Island Press, 2002.
(8) Gli stessi autori hanno pubblicato un primo esito di questa ricerca nel 2002 Above and Beyond: Visualizing Change in Small Towns and Rural Areas, Planners Press, American Planning Association.
(9) Dolores Hayden, A Field Guide to Sprawl, with aerial photos by Jim Wark, WW Norton&Co., Inc 2004. Hayden ha già lavorato su questi temi con lo stesso Mac Lean nel progetto per Guildford, CT, si veda Il caso di Guilford, Connecticut in Lotus international 2001, n.108, p.118 – 131.
(10) Alan Berger, Drosscape: wasting land in urban America, Princeton Architectural Press, 2006.
(11) Francesco Dal CO, Dai parchi alla regione. L’ideologia progressista e la riforma della città americana in Giorgio Ciucci, Francesco Dal Co, Mario Manieri Elia, Manfredo Tafuri, La città Americana dalla guerra civile al New Deal, Laterza 1973 pag.147 e segg.

Paola Pellegrini, (1971), architetto, è professore a contratto per il European Master in Urbanism e presso l'Università degli studi di Udine per il corso di laurea in Architettura. E' ricercatrice a contratto presso il Dipartimento di Urbanistica dello IUAV. Ha condotto approfondite ricerche sulle recenti esperienze di pianificazione negli Stati Uniti per la sua tesi di dottorato in Urbanistica.


 

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